La rivoluzione del Mobile Filmmaking è cominciata con Lightning
Non c’è bisogno di andare nei grandi festival di richiamo per avere belle sorprese. Anche il cinema indipendente riserva novità. Soprattutto quando queste hanno un marchio di fabbrica italiano, ma parlano inglese. È stato il caso di un cortometraggio dal titolo Lightning di Cristina Isoli e presentato in concorso al Riff Rome Independent Film Festival 2018.
La XVII edizione del festival diretto da Fabrizio Ferrari ha decretato la vincita del lungometraggio We di Rene Eller adattamento del controverso libro Wij di Elvis Peeters “per come è stato girato, montato e diretto” e due menzioni speciali per Alone at my Wedding di Alina Serban e Decembers di Enrique Castro Rios. Nelle oltre venticinque anteprime mondiali e dieci anteprime europee, il festival delle produzioni indipendenti appena concluso il 23 novembre, ha mostrato un grande vivacità e voglia d’innovazione.
È stato il caso di Lightining. Diciotto minuti di storia, e che storia, girata interamente con un telefonino One Plus in 4K ovviamente su sistema operativo Android con un budget di appena 8.000 £ e poco più di due giorni di riprese. Risultato: strepitoso! L’ultima frontiera del cinema è stata abbattuta. È caduta come il muro di Berlino sotto i colpi della rivoluzione del Mobile Filmmaking grazie ai telefonini di ultima generazione sempre più performanti per usi professionali e amatoriali. La qualità e la resa cinematografica è degna, se non superiore, a quella delle telecamere digitali Red o altro. Questo sempre a patto che, chi utilizza il telefonino, ne abbia cognizione di causa.
L’ultima frontiera del cinema è caduta come il muro di Berlino
Nel caso di Lightning questo è certo. Cristina Isoli è alla sua prima regia, ma da quando nel 2009 vive e lavora a Londra, si occupa di produzioni indipendenti a basso costo con Giacomo Mantovani, regista e produttore, con il quale ha co-fondato la Avant-garde Pictures, società di produzione di Lightning. Con delicatezza tutta femminile e una forte padronanza di tutte le fasi pre-post produzione, la giovane regista si è cimentata in una storia dal sapore buono di caffetteria Starbucks
Il suoi protagonisti sono Sean, interpretato dal performer Andy Steed, un musicista appena arrivato nella città dei Beatles e Summer, Genevieve Barr attrice non udente fresca di nomina al Bafta, una ragazza sorda che perde le chiavi ad un semaforo. Sarà la chiave galeotta che li farà incontrare e aprirà la strada ad un’amicizia che si esprime con il linguaggio dei segni, della musica e di sogni confessati, a mezza voce, tra panchine e lavanderie. Ambientato a Londra, il corto ha una fotografia che esalta i colori, con la potenza di un obiettivo integrato di alta qualità conferendo al lavoro un’atmosfera charmant e fresca dal inizio alla fine.
La democratizzazione del video making è Mobile
Un gusto raffinato che è caratteristica genetica e indiscussa dell’italianità supportata dalla dimestichezza di chi sa bene su quali leve agire per realizzare un buon prodotto. La visione del corto è stata preceduta dal interessante masterclass di Giacomo Mantovani, producer, che ha spiegato le enormi potenzialità del mobile rispetto alla telecamera, una concezione che ha conquistato il regista fin dal 2015 quando ha cominciato a utilizzarlo per le sue produzioni a sfondo sociale tra queste Fame, Plastic Garbage, Stand up.
Lavorare con un telefonino non significa fare video non professionali anzi…
è il modo più attuale per democratizzare un mondo che fino a pochi anni fa era prerogativa di lobby e major. Abbassando i costi si può dare a tutti l’opportunità di esprimersi raccontando qualcosa con le immagini e lo storyteller.
In pratica, un gioco da ragazzi ma perfetto per adulti e professionisti, embedded journalist compresi, che il più delle volte non hanno strutture a disposizione. Insomma, una finestra che aprirà un portone sul futuro del video on the road!